Il mio rapporto con la fotografia si sviluppa intorno ai 16 anni. E’ mio padre fotografo, esattamente trent’anni fa, a mettermi fra le mani una Hasselblad, con cui è subito amore. Inizialmente mi dedico a fotografare tutto ciò che cattura la mia attenzione, ma ben presto arriva il battesimo del fuoco e mi ritrovo a scattare il mio primo servizio di matrimonio.

 

È così che capisco che la fotografia è il mezzo con cui riesco ad esprimermi al meglio e con questo pensiero indirizzo e plasmo un percorso fatto di studio e osservazione, ispirandomi ai grandi fotografi del passato e del presente. Fra i miei maestri ci sono certamente Paolo Pellegrin, Alex Majoli, Irving Penn, Paolo Roversi, Yamamoto Masao e molti altri.

 

A cementare la mia formazione sono i numerosi corsi frequentati negli anni, fra cui l’Accademia di Fotografia John Kaverdash di Milano, dove ho approcciato il mondo della fotografia di moda e ho approfondito l’ambito dello still-life, lavorando come assistente per diversi professionisti. La svolta è arrivata però quando ho deciso di frequentare lo IED – Istituto Europeo di Design di Milano: è lì che ho scoperto la fotografia di reportage, oltre ad indagare ancora quella di still-life. Proprio in quegli anni ho conosciuto un docente a cui devo moltissimo e con cui ho collaborato per diversi anni in uno studio di Milano, scattando per vari brand di moda.

 

Conclusa l’esperienza milanese sono tornato a Brescia, dove nel 2008 ho aperto il mio primo studio, avviando un’esperienza che mi ha consentito non solo di mettere in pratica la mia attività di fotografo, ma di sviluppare una serie di competenze connesse alla professione: dal rapporto con la clientela alla gestione logistica dell’attività. Abilità che negli anni hanno contribuito ad arricchire il mio bagaglio professionale.

 

Ma sono state due esperienze profondamente umane a contribuire a plasmare in modo significativo la mia impronta professionale, affinando le mie capacità e aiutandomi a capire meglio come approcciare la fotografia di reportage. Nel 2009 sono partito per un viaggio fotografico a scopo umanitario, che mi ha portato dal sud dell’India fino a Brescia su un mezzo a due ruote. Una lunghissima traversata che ho documentato con la mia macchina. Nel 2014 un nuovo viaggio, sempre a scopo umanitario, mi ha portato a percorrere i chilometri che separano la Colombia dalla Bolivia. Le immagini scattate lungo quella tratta sono diventate un libro, pubblicato  insieme ai colleghi che hanno condiviso con me l’esperienza in Sudamerica.

 

Sono un appassionato di libri fotografici: li osservo sulla mia libreria ed ogni giorno li sfoglio, per nutrire il mio costante bisogno di conoscenza. E tutto quanto ho appreso in questi anni lo riverso nella fotografia di matrimonio, ambito che ormai frequento da 30 anni. E’ qui che metto in pratica quanto ha contribuito a fare di me il fotografo che sono stato e che sono oggi: il mio occhio, influenzato dalla fotografia di moda e still-life, si è ampliato e affinato con quella di reportage.

 

Per me è fondamentale il rispetto nei confronti di  questo lavoro e ho impressa in mente la frase che un mio collega,  che stimo moltissimo, mi disse tempo fa e che ritengo una assoluta verità: “Penso che sarebbe onesto e giusto che professionisti come noi potessero in qualche modo ogni tanto fermarsi e pensare a quanto sia importante sudare e impegnarsi a fondo per consegnare alla memoria collettiva un briciolo di quel brivido che possiamo aver provato vivendo con il nostro lavoro e per il nostro lavoro”.

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At the age of 16, I developed a passion for photography thanks to my father who introduced me to it by giving me a Hasselblad camera. From then on, I started taking pictures of anything that caught my attention, and soon enough, I found myself shooting my first wedding. I believe that photography is the most effective medium for me to express myself. I have pursued it by studying and observing the works of great photographers of the past and present, including Paolo Pellegrin, Alex Majoli, Irving Penn, Paolo Roversi, Yamamoto Masao, and many others. To improve my skills, I attended several courses, including the John Kaverdash Photography Academy in Milan, where I delved into fashion photography and still-life. The IED – Istituto Europeo di Design in Milan was a pivotal moment in my career when I discovered reportage photography and still-life photography. During those years, I met a teacher who became a collaborator, and together we worked for several fashion brands in Milan.

 

In 2008, I opened my first studio in Brescia, where I have not only practiced my work as a photographer but also developed a series of skills related to the profession, including customer relations and logistics management. These skills have enriched my professional background over the years.

Two significant experiences have played a crucial role in shaping my professional career. In 2009, I embarked on a humanitarian photographic journey across southern India to Brescia, documenting my journey with my camera. In 2014, I traveled from Colombia to Bolivia for humanitarian purposes, capturing the images of my journey that were later included in a publication.

 

I am an avid fan of photographic books. I have a collection of them on my bookshelf and browse them every day to satisfy my constant need for knowledge. I have poured everything I’ve learned into wedding photography, which I have been doing for 30 years. My eye for photography, influenced by fashion and still-life, has expanded and refined by reportage.

 

For me, respect for this work is fundamental, and I always remember the phrase a colleague told me some time ago, which I consider an absolute truth: “I think it would be honest and fair that professionals like us could somehow stop and think about how important it is to sweat and commit ourselves deeply to deliver to the collective memory a shred of that thrill we may have experienced living with our work and for our work.”